Domenica 28 aprile 2024

Nel  Vangelo odierno Gesù dice:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore.
Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia,
e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto."

“Nessun dorma” è una celebre romanza di Giacomo Puccini.

Il principe Calaf, in incognito, supera i tre enigmi per sposare

Turandot, la principessa crudele, che lui però ama.

Eppure poi la sfida a indovinare il suo nome entro l’alba:

se lo scopre lui sarà condannato a morte, se fallisce lo sposerà.

 

L’acida sovrana decreta che nessuno dei sudditi potrà dormire,

pena l’essere uccisi. Il principe la provoca all’interiorità:

“Nessun dorma! Tu pure, principessa, nella tua fredda stanza

guardi le stelle che tremano d’amore e di speranza!

Ma il mio mistero è chiuso in me, il nome mio nessun saprà!

No! Sulla tua bocca lo dirò, quando la luce splenderà

ed il mio bacio scioglierà il silenzio che ti fa mia!”

 

Il complicarsi la vita, perché incapaci di gustarla, ci fa a pezzi.

Siamo inquieti noi e la devono pagare agli altri: nessun dorma!

Pensare solo a se stessi, crepa tutto. Infatti cantano le donne:

“Il nome suo nessun saprà e noi dovrem, ahimè, morir!”.

Dice Gesù: nessuno porta frutto da se stesso e si butta via tutto.

 

Che differenza c’è tra il sentirsi rotti e l’essere potati?

 

La vita fa tagli dolorosi: delusioni, malattie, crisi, fallimenti.

Se li vedi come spaccature ti ritrovi arrabbiato con te stesso,

con gli altri, con Dio. Se sono potature ti rinforzi e scopri

il valore della tua identità: il mistero chiuso nel tuo nome.

 

La vigna reagisce al taglio come Calaf: piange lacrime di linfa,

dense di dolore, ma proprio lì concentra tutte le sue energie

e quella ferita sarà il gancio di forza del futuro grappolo d’uva.

 

Il male è oscuro da capire. Canta: “Dilegua(ti), o notte!

Tramontate stelle!”. Non è facile accettare la potatura,

ma dona una nuova luce su di sé (“all’alba vincerò!”)

e “porta ancora più frutto” (dice Gesù) nella dura realtà.

Così la principessa di ghiaccio diventa la donna innamorata.

 

Il coro allora nel finale intona sulle stesse note:

“O sole! Vita! Eternità! Luce del mondo è amore!

Ride e canta nel sole l’infinita nostra felicità! Gloria a te!”.

Conclude il Vangelo: in questo il padre è glorificato.

Mi sono chiesto: come posso io smettere di vedere negativo

come Turandot col rischio di spaccare tutto e condannare tutti?

Come posso io cantare “vincerò!” come Calaf

scoprendo il mistero chiuso in me e nella mia storia (il nome)?

Come posso io imparare a guardare le ferite come potatura?

 

Non ho risposte e allora “sciolgo il silenzio” dei grovigli

con una preghiera attribuita a Antoine de Saint-Exupery:

 

“Signore, non ti chiedo miracoli, ma solo la forza necessaria.

Rendimi attento e inventivo per scegliere al momento giusto

le conoscenze e le esperienze che mi toccano particolarmente.

Rendimi più consapevole nell’uso del mio tempo.

Donami di capire ciò che è essenziale e ciò che è secondario.

Io ti chiedo la forza, l’autocontrollo e la misura

per non lasciarmi trasportare dalla vita.

Aiutami a far fronte, il meglio possibile, all’immediato

e a riconoscere l’ora presente come la più importante.

Dammi di comprendere con lucidità che le difficoltà

e i fallimenti sono occasione di crescita e maturazione.

Fammi capace di raggiungere chi ha perso la speranza.

E dammi non quello che io desidero,

ma solo ciò di cui ho davvero bisogno.

Signore, insegnami l’arte dei piccoli passi”. Così vincerò!