E sarà tre volte Natale e festa tutto l'anno....

Il Natale è arrivato tanto di corsa da trovarci

nei panni degli albergatori di Betlemme troppo indaffarati,
mentre a Gaza hanno poco da fare....

 

C’è chi sta soffrendo, chi non sente per nulla il Natale,

gli dà fastidio e ce l’ha con Dio, come Re Erode.

 

C’è anche chi, come i pastori, i montanari si sente un nulla e si vede

ai margini, ignorato, e non si aspetta nulla da nessuno.

E c’è chi si sente a terra, apatico, come l’asino o il bue,

per i quali basta respirare per fare in qualche modo Natale.

 

C’è chi è in ricerca, come i Magi, seguendo stelle di ideali

o artificiali per appagare un vuoto con emozioni luccicanti.

 

Qualcuno magari si trova in sintonia con Giuseppe

col cervello che fa a pugni col cuore, dove alla fine vince

la premura spiccia che trasforma la piatta realtà in presepe.

 

Fortunato chi sente il suo cuore come quello di Maria,

gravido di Dio, lievitante di speranza, impregnato di grazia,

perché è innamorato o perché sta costruendo la sua vita,

 

sta vivendo esperienze inattese, sta progettando traguardi.

 

Tutti comunque, in questa vigilia, siamo “in gestazione”,

parola che significa “farsi portare” per venire alla luce.

È quello che fa Gesù e che farà appena nato:

non dice nulla, non fa nulla, semplicemente alza le mani.

Ed è l’ultimo gesto della liturgia su cui pongo l’attenzione.

 

Alzare le braccia è il gesto di arrendersi e mostrarsi disarmati.

È dire “mi metto nelle tue mani, mi fido e mi affido”.

Le braccia conserte sono una sorta di armatura, per sospetto

e autodifesa. Le mani in alto lasciano il cuore libero, aperto,

senza coperture o maschere, anche se sguarnito e indifeso.

 

Alzare le braccia è anche il gesto del cercare l’equilibrio.

A volte capita su bus, metro, treno di essere sballottati

dalle curve della strada e dalla buzzurraggine delle persone.

L’unico modo per non cadere è aggrapparsi a qualcosa in alto.

Abbiamo bisogno di ganci in mezzo al cielo

che facciano tenere ben piantati i piedi per terra.

 

Alzare le braccia oggi è il gesto col cellulare se non c’è campo.

Interessante che spontaneamente viene da cercare in alto

la connessione che manca. Così nel bisogno si alza lo sguardo.

 

Alzare le braccia in fine è il gesto del farsi prendere in braccio.

Un neonato non deve dimostrare niente a nessuno,

non ha ansia da prestazione o smanie per piacere a tutti.

Non ha né passato né futuro che lo blocca, ha solo il presente

che è quel collo o quel seno a cui aggrapparsi.

 

Se è vero che Dio si fa uomo perché noi possiamo essere Dio,

non c’è altro da dire che “mani in alto!” per disarmarci,

trovare equilibrio o connessione e farci prendere in braccio.

 

Natale non sarà più una data ma uno stile e durerà tutto l’anno...

Buon Natale dallo staff delle Contessine,
la casa del Cresto, aperta ad accogliere
chi ha fame di amicizia e di pace.

 
Cerca nel sito